Con un provvedimento destinato a dare spazio ad un orientamento del tutto innovativo sul fronte della condivisa responsabilità genitoriale – per ciò che attiene la salute dei figli minori – il Tribunale di Milano, sez. IX, decreto 2 settembre 2021, ha sostenuto la tesi secondo cui l’eventuale decisione di non vaccinare una minorenne o anche solo di procrastinare la somministrazione può essere giustificata soltanto sulla base di motivi specifici e denotanti profili di rischio soggettivo particolari, non potendo invece fondarsi su timori generici o su convinzioni preconcette e non supportate da informazioni certe ed approfondite.

IL CASO: Il ricorrente – rappresentato e difeso dagli avvocati Raffaella Caresano ed Andrea Invernizzi – padre di una bambina di 11 anni, ha convenuto in giudizio la sua ex moglie che si opponeva a somministrare alla loro figlia i vaccini obbligatori per legge ed anche altri vaccini non obbligatori ma certamente utili per la tutela della sua salute. La donna, inoltre, si opponeva anche ad effettuare i tamponi molecolari per la diagnosi del COVID-19 ed il test antigenico per accedere alle lezioni scolastiche. Il padre pertanto, chiedeva al Tribunale di Milano pertanto di essere autorizzato, ai sensi degli articoli 709ter e 710 c.p.c., anche a fronte del dissenso materno, a prestare da solo l’assenso affinché la figlia minore infrasedicenne potesse ricevere le mancanti vaccinazioni obbligatorie e i richiami vaccinali obbligatori ancora non effettuati, come in forza del D.L. 73/2017, convertito nella Legge 119/2017, nonché le vaccinazioni facoltative raccomandate, al compimento del 12° anno d’età o comunque secondo le indicazioni del pediatra e di essere autorizzato a prestare, da solo e senza necessità del consenso materno, l’assenso affinché la figlia potesse effettuare, ogni volta che sarebbe stato necessario, il tampone anti-COVID.

I Giudici, che si erano già espressi in ordine all’obbligatorietà dei vaccini di cui alla Legge n. 119/2017, hanno ribadito che per i minori di età compresa tra 0 e 16 anni e per tutti i minori stranieri non accompagnati sono obbligatorie e gratuite, in base alle specifiche indicazioni del calendario vaccinale nazionale, le vaccinazioni come anti-poliomielitica, anti-difterica, anti-tetanica, anti-epatite B, ecc… evidenziando che si tratta di un obbligo di legge, la cui violazione prevede una sanzione amministrativa.

Invero l’articolo 2 della normativa in esame dispone che solo l’avvenuta immunizzazione a seguito di malattia naturale, comprovata dalla notifica effettuata dal medico curante, ai sensi dell’articolo 1 del DM sanità 15.12.1990, ovvero dagli esiti dell’analisi sierologica, esonera dall’obbligo della relativa vaccinazione.

Ai sensi dell’art. 3 della legge in commento le vaccinazioni di cui al comma 1 e al comma 1-bis possono essere omesse o differite solo in caso di accertato pericolo per la salute, in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate, attestate dal medico di medicina generale o dal pediatra di libera scelta. A rafforzare l’obbligo vaccinale il legislatore ha sanzionato l’omissione prevedendo una sanzione amministrativa pecuniaria da 100 a 500 euro.

Quanto al vaccino anticovid il Tribunale ha ribadito trattarsi di vaccini raccomandati dalla scienza medica a livello internazionale a tutela della salute della popolazione. Conseguentemente haautorizzato il padre a «provvedere in autonomia, senza il consenso della madre», a sottoporre la figlia a tutte le vaccinazioni obbligatorie e raccomandate; a farle i tamponi molecolari per la diagnosi del COVID-19 tutte le volte che fosse necessario; a farle mettere la mascherina a scuola e in tutte le situazioni imposte dalla legge; e, quando la figlia compirà 12 anni, «a valutare in autonomia, sempre senza l’accordo della madre, se sia necessario o anche solo opportuno somministrarle il vaccino anti COVID, visti gli approdi della scienza, le autorizzazioni degli enti regolatori, le norme di legge e le raccomandazioni del pediatra».

Ciò anche in quanto, come anche evidenziato dalla Corte Costituzionale, con la sentenza n. 5/2018 «l’interesse del minore, nelle questioni di salute, deve essere perseguito anche contro la posizione dei genitori che, in nome di proprie convinzioni personali, non suffragate da alcuna evidenza scientifica, impongano ai figli scelte errate sul presupposto della affermazione del principio di autodeterminazione che non può essere invocato quando sia in gioco la salute di minori, privi della possibilità di decidere in proprio».

L’accoglimento delle domande svolte dal padre impongono di concentrare in capo al padre, che si è mostrato attento alla tutela dell’interesse della figlia minore, la responsabilità genitoriale in ordine alle questioni oggetto del presente provvedimento (vaccini, tamponi, mascherine) con conseguente limitazione della responsabilità genitoriale della madre, vista la sua posizione di totale rifiuto.

I PRECEDENTI: Il provvedimento in esame si inserisce nel solco del prevalente orientamento seguito dalla giurisprudenza di merito che propende per la limitazione della responsabilità genitoriale in casi di comportamenti pregiudizievoli per la salute dei figli, quali, ad esempio, la negazione del consenso alla somministrazione vaccinale in ragione di ingiustificati pregiudizi ideologici (si veda, di recente, in fattispecie analoga, Tribunale di Monza del 22/07/2021).

Si tratta, a ben vedere, di un orientamento che ha preso le distanze da quello precedente secondo cui i Giudici minorili dichiaravano il “non luogo a provvedere” (nella forma del rigetto del ricorso ex artt. 330-333 c.c. promosso dal P.M. minorile), affermando che il rifiuto alle vaccinazioni non poteva essere “sanzionato” qualora frutto di una scelta informata, ponderata e consapevole dei genitori. La limitazione della responsabilità genitoriale poteva essere disposta soltanto laddove l’inottemperanza al suddetto obbligo si fosse accompagnata ad altri comportamenti negligenti, pregiudizievoli per il minore o comunque rivelatori di inidoneità genitoriale. I Tribunali Minorili non si sono dunque mai intromessi nelle scelte genitoriali a condizione che la mancata sottoposizione del figlio alle vaccinazioni non costituisse incuria nei confronti dello stesso, ma anzi fosse dettata dal timore che dalle inoculazioni imposte dalla legge potesse derivare un danno al minore.

Questo orientamento può dirsi mutato specialmente dopo l’entrata in vigore del citato D.L. 73/2017, in forza del quale il Tribunale milanese, nella sentenza in commento, ha stabilito che la violazione ingiustificata dell’obbligo vaccinale può dar luogo all’adozione dei provvedimenti giudiziali de potestate (art. 330 e 333 c.c.), assunti in modo da rimuovere o impedire l’aggravamento di una situazione pregiudizievole per il minore, senza risolversi in arbitrarie compressioni della responsabilità genitoriale. Ed infatti, le misure giudiziali (decadenza, sospensione temporanea o limitata a determinati atti della responsabilità) sono precedute da uno scrutinio prudente ed equilibrato, vengono assunte a seguito della concreta valutazione della condotta e della gravità del pregiudizio, sono destinate a operare pro futuro e devono tenere conto delle ragioni addotte dai trasgressori e devono essere proporzionalmente graduati, calibrando l’efficacia della misura rispetto al caso concreto.

Dalla giurisprudenza si è potuto osservare come la decadenza dalla responsabilità genitoriale abbia rappresentato – proprio per l’intensità degli effetti dispiegati – l’extrema ratio, mentre, più frequentemente, è stato dato incarico ai servizi sanitari o a soggetti espressamente individuati nei provvedimenti del tribunale di procedere alle vaccinazioni obbligatorie con contestuale o meno limitazione e/o sospensione della responsabilità genitoriale.

IN CONCLUSIONE: il Tribunale ha ribadito trattarsi di vaccini raccomandati dalla scienza medica a livello internazionale a tutela della salute della popolazione. Conseguentemente ha autorizzato il padre a «provvedere in autonomia, senza il consenso della madre», a sottoporre la figlia a tutte le vaccinazioni obbligatorie e raccomandate; a farle i tamponi molecolari per la diagnosi del COVID-19 tutte le volte che fosse necessario; a farle mettere la mascherina a scuola e in tutte le situazioni imposte dalla legge; e, quando la figlia compirà 12 anni, «a valutare in autonomia, sempre senza l’accordo della madre, se sia necessario o anche solo opportuno somministrarle il vaccino anti COVID, visti gli approdi della scienza, le autorizzazioni degli enti regolatori, le norme di legge e le raccomandazioni del pediatra».