LA VICENDA
Due legali agivano in via monitoria contro una cliente, al fine di recuperare il proprio credito professionale in relazione all’attività svolta, per un importo pari a circa 27 mila euro.
La debitrice proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo, sollevando l’eccezione di prescrizione.
Il giudice di merito accoglieva l’opposizione e dichiarava prescritto il credito, mentre gli avvocati contestavano tale decisione.
La Corte di Cassazione, quindi, si trova a dover rispondere al seguente quesito: da quando decorre la prescrizione presuntiva triennale per i crediti dei professionisti ?

PREMESSA: LA PRESCRIZIONE PRESUNTIVA
Prima di entrare nel merito della questione, nonché della vicenda che ha preceduto la pronuncia del giudice di legittimità, giova premettere brevi cenni su cosa si intenda con “prescrizione presuntiva”.
Ebbene, in primo luogo occorre distinguere tra prescrizione estintiva, ossia quella correlata al mancato esercizio del diritto per un determinato tempo stabilito dalla legge (art. 2932 c.c.) e prescrizione presuntiva fondata, invece, sulla presunzione che un determinato credito sia stato pagato o che si sia estinto per altra causa, nei termini (6 mesi, 1 e 3 anni) indicati dalla legge.
La differenza consiste nel fatto che il secondo tipo di prescrizione si fonda su di una presunzione iuris tantum, che può essere vinta dimostrando il contrario.
Il debitore è esonerato dall’onere di provare l’avvenuto adempimento, mentre spetta al creditore allegare che la prestazione non sia stata effettuata.
Tale prescrizione, quindi, non opera sul piano del diritto sostanziale, ma su quello processuale. Per vincere la praesumptio non è adducibile qualsiasi mezzo di prova, ma si può ricorrere solo alla confessione giudiziale (art. 2959 c.c.) e al deferimento di giuramento decisorio (art. 2960 c.c.).
Inoltre, «la prescrizione presuntiva non si fonda sull’inerzia del creditore e sul decorso del tempo – come invece la prescrizione ordinaria – ma sulla presunzione che, in considerazione della natura dell’obbligazione e degli usi, il pagamento sia avvenuto nel termine previsto» (Cass. 15303/2019).
Per questa ragione, l’eccezione di prescrizione deve essere rigettata qualora il debitore ammetta di non avere pagato, giacché il mancato pagamento contrasta con i presupposti della presunzione stessa.

LA PRESCRIZIONE PRESUNTIVA PER CREDITI PROFESSIONALI
Ciò premesso, il diritto del professionista per il compenso dell’opera prestata e per il rimborso delle correlative spese (art. 2956 n. 2 c.c.) si prescrive in 3 anni.
Per la giurisprudenza, nella categoria dei professionisti assoggettati alla prescrizione presuntiva rientrano coloro che esercitano «una professione intellettuale di antica o recente tradizione nei cui confronti è ravvisabile il presupposto della prassi del pagamento senza dilazione […]» (Cass. 3886/1985).
La prescrizione relativa al diritto al compenso dell’avvocato non opera se il credito trae origine da un contratto stipulato per iscritto.
Infatti, la prescrizione presuntiva trova ragione solo nei rapporti che si svolgono senza formalità, ove il pagamento avviene senza dilazione (Cass. 763/2017; Cass. 9930/2014).

LA DECORRENZA DELLA PRESCRIZIONE PRESUNTIVA
La regola generale in materia di decorrenza della prescrizione presuntiva (art. 2957, 1°co, c.c.) dispone che essa decorre: (A) dalla scadenza della retribuzione periodica (per i prestatori di lavoro), oppure (B) dal compimento della prestazione (per i professionisti).
Esiste anche una regola speciale, che deroga a quella generale di cui sopra, in relazione alla prescrizione presuntiva per le competenze degli avvocati (art. 2957, 2°co, c.c.), secondo cui essa decorre: (A) dalla decisione della lite, coincidente con la data di pubblicazione della sentenza non impugnabile che definisce il giudizio (Cass. 12326/2001); (B) dalla conciliazione delle parti, coincidente con la data di avvenuta conciliazione; (C) dalla revoca del mandato; (D) dall’ultima prestazione in caso di affari non terminati.
In buona sostanza, il principio ricavabile dal secondo comma dell’articolo 2957 c.c. è che la prescrizione decorre dall’esaurimento dell’incarico e non dal compimento delle singole prestazioni.
Tuttavia, torna ad operare la regola generale di cui al primo comma dell’articolo 2957 c.c. – ovverosia la decorrenza dal compimento della prestazione – anche nel caso di compenso dell’avvocato, qualora l’incarico al professionista sia limitato a prestazioni particolari, che non siano in relazione immediata e diretta con la decisione della lite.
In tale circostanza, il termine decorre dal compimento della singola attività (Cass. 9221/1992). Si pensi, ad esempio, al caso in cui l’attività richiesta al legale riguardi la proposizione di un atto d’appello, con esclusione delle prestazioni eventualmente necessarie dopo il suddetto atto.
Ebbene, in tal caso, non rientrando nelle specifiche ipotesi della regola speciale, si applicherà la regola generale ex art. 2957, 1°co, c.c.

PRESTAZIONE D’OPERA INTELLETTUALE E PRESCRIZIONE
L’attività svolta dall’avvocato rientra nel contratto di prestazione d’opera intellettuale. Ai fini del decorso della prescrizione, il suddetto contratto deve considerarsi unico, benché il suo compimento si articoli in una pluralità di prestazioni.
L’unicità della prestazione fa sì che il termine di prescrizione triennale – relativo al diritto al compenso – decorra dal giorno in cui è stato espletato l’incarico, e non dal compimento di ogni singola operazione professionale rientrante nel contratto (Cass. 22868/2014). Riassumendo, la prescrizione di 3 anni per il credito dell’avvocato decorre: (A) dal compimento dell’incarico; (B) dal momento in cui il contratto cessa di spiegare i suoi effetti; (C) quando cessa il rapporto con il cliente, anche per la morte di quest’ultimo (Cass. 72812012, Cass. 18808/2015); (D) per decesso del procuratore o cessazione dell’esercizio della professione (Cass. 965/1964).

ESAURIMENTO DELL’INCARICO
Prima di analizzare la pronuncia, ricordiamo che, nel caso di specie, i due avvocati hanno formulato la propria richiesta creditoria per il lavoro svolto sino al giugno del 1998, mentre la complessiva attività prestata a favore della cliente si espandeva dal maggio 1996 al marzo 2003, data quest’ultima in cui la donna revocava il mandato.
Quindi, i legali hanno agito per il recupero dei crediti professionali sino ad una certa data (giugno 1998) e da quel momento viene (da loro) fatto decorrere il termine prescrizionale.
La Suprema Corte, con l’ordinanza in commento, statuisce che, se il creditore agisce in giudizio per il pagamento di onorari, in relazione alle prestazioni eseguite fino a una certa data, tale data può essere assunta quale dies a quo del termine di prescrizione, solo dopo aver accertato che l’incarico professionale si è esaurito con il compimento delle prestazioni oggetto della domanda.
Al lume di quanto sin qui esposto, emerge come sia importante acclarare se l’attività posta in essere dal creditore (nel nostro caso, gli avvocati) abbia esaurito l’incarico.
Infatti, la prescrizione, in materia di onorari di avvocato, decorre dall’esaurimento dell’incarico e non dal compimento delle singole prestazioni.

CONCLUSIONI
Nel caso in esame, il giudice di merito non ha operato l’accertamento di cui sopra e non ha compiuto una specifica “indagine” per stabilire se le prestazioni per cui si chiedeva il pagamento avessero esaurito l’incarico.
Una simile analisi era essenziale atteso che l’attività svolta dai professionisti a favore della cliente abbracciava un arco temporale ampio (da maggio 1996 a marzo 2003).
Per questa ragione, la Suprema Corte, accoglie il primo motivo di ricorso svolto dagli avvocati e cassa la sentenza impugnata, statuendo che il giudice di rinvio debba attenersi al seguente principio di diritto: «posto il principio, ricavabile dall’art. 2957 c.c., comma 2, che in materia di onorari di avvocato la prescrizione decorre non dal compimento delle singole prestazioni, ma dall’esaurimento dell’incarico, qualora sia stato chiesto in giudizio il pagamento di onorari professionali di avvocato per le prestazioni eseguite fino a una certa data, tale data può essere assunta quale dies a quo del termine di prescrizione non automaticamente, in conseguenza della mera delimitazione temporale della pretesa compiuta dal creditore, ma solo a seguito dell’accertamento che l’incarico professionale si è esaurito con il compimento delle prestazioni oggetto della domanda».